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La nostra indagine, che nella fase di compilazione dei questionario abbiamo chiamato “Merendine e ghiacciai, un questionario sulla sostenibilità”, assume ora un titolo più sobrio: “Consumatori e plastica: strategie di riduzione”.

Un’indagine sulla sostenibilità, concentrata sul tema degli imballi nella grande distribuzione, e rispetto a questi sul comportamento e sui bisogni dei consumatori.

Dal questionario esce un quadro di buona consapevolezza dei consumatori, che sono sufficientemente informati, consapevoli e propositivi. Nel nostro campione si delinea un consumatore che potremmo chiamare ambientalista con riserve. Che condivide la necessità di ridurre gli imballi, a partire da quelli di plastica, che è interessato alle innovazioni; ma che allo stesso tempo, in misura minore, ha riserve sul tema del costo di quelle innovazioni e su aspetti legati alla durata e conservazione dei prodotti, in particolare dei prodotti alimentari. Proprio la durata, la conservazione, è per chi ha risposto il primo degli elementi che spinge verso l’acquisto di prodotti confezionati, anche quando sono disponibili sfusi. Molto significativo, e facilmente correggibile dalle imprese della grande distribuzione, è quel 30% dei rispondenti che dichiara di acquistare prodotti confezionati per evitare le code ai banchi di macelleria, pescheria, gastronomia. Davvero importante la percentuale, l’82%, di consumatori che dichiarano di favorire gli imballi eco-sostenibili. Anche qui però c’è chi pone la questione dei presunti maggiori costi di questo tipo di imballi.

Il prodotto con imballo di plastica maggiormente venduto è l’acqua minerale/bevande analcoliche, seguito da salumi/formaggi, da pane/prodotti da forno e da carne/pesce, prodotti di gastronomia e cibo per animali. Si conferma la progressiva riduzione delle confezioni, con la maggioranza dei consumatori che non è interessato alle confezioni famiglia. Un dato certamente diverso da quello degli USA, dove nei Mall vasti spazi sono dedicati alle gigantesche confezioni famiglia, spesso causa anche di giganteschi sprechi. Ci ha stupito la percentuale di consumatori che dichiara di acquistare acqua minerale in bottiglia di plastica: soltanto il 46%. Il consumo più ecologico, quello dell’acqua minerale in vetro, raggiunge un significativo 11%, mentre un sorprendente 43% del campione dichiara di consumare l’acqua del rubinetto. Perché si acquista acqua minerale in PVC? Metà del campione risponde che non gradisce l’acqua del rubinetto, ed un 28% perché la preferisce gassata. Per il 14% l’acqua in bottiglia è migliore e meglio conservata.

Anche un altro dato sorprende: il 90% di chi ha risposto è favorevole alla “plastic tax”, anche se solo il 44% ne conosce i contenuti. Tassa peraltro ancora una volta prorogata, questa volta al 2023, che dovrebbe disincentivare il consumo di plastica, introducendo un aggravio di 0,45 euro ogni kg di plastica monouso prodotta e venduta.

Il 94% del campione dichiara di essere a conoscenza che esistono le cosiddette sorgenti urbane, o acqua del Sindaco, dove è presente anche acqua gassata, ma solo il 15% dichiara di utilizzarle. Tra gli utilizzatori prevalgono le fasce della popolazione più anziana.

La quasi totalità dei consumatori, il 99%, dichiara di effettuare la raccolta differenziata, separando accuratamente gli imballaggi misti, quelli dove alla plastica è associata la carta.

Il nostro campione ha dimostrato di essere informato delle problematiche legate alla dispersione ed al trattamento dei rifiuti plastici; ma più di metà dei consumatori sottovaluta l’entità del problema, sia rispetto al consumo di plastiche da imballo pro capite che nella produzione complessiva, e sottostima i tempi di smaltimento nell’ambiente della plastica.

L’indagine non è priva di contraddizioni, a volte da noi cercate. E’ il caso delle due domande collegate: il 90% dei consumatori si dice interessato alla maggiore presenza di prodotti sfusi nei supermercati e ipermercati, in particolari detersivi e detergenti. Nella domanda successiva, che comunica il modestissimo risultato dei tentativi di farlo e ne chiede il motivo, riceve da metà del campione la risposta “Perché è poco pratico” e “Perché richiede più tempo”. Anche qui una significativa minoranza ne segnala la scarsa convenienza. Proprio tenendo a mente questa contraddizione va interpretata la risposta riferita ai prodotti concentrati, da diluire a casa, a ridotto contenuto di plastica. Riferendosi ai detergenti per la casa e per la persona il 97% del campione si dichiara interessato all’acquisto. Potrebbe essere il futuro, ma un futuro che va accompagnato e promosso.

Quindi le proposte avanzate dai consumatori, inaspettate per numero e qualità. Talmente tante, la gran parte condivisibile, che potrete leggere nell’ultima pagina di questa indagine. Tessendo le idee migliori crediamo sia possibile costruire una originale piattaforma per il cambiamento.

E la grande distribuzione, in tutto questo? E’ possibile solo un approccio normativo, sanzionatorio dei comportamenti peggiori e premiante di quelli migliori? Molte cose sono state fatte negli ultimi anni da diverse imprese commerciali, molti tentativi sono stati fatti, molti non hanno funzionato. In generale si può dire che è cresciuta una maggiore attenzione all’ambiente, anche alla qualità edificatoria delle proprie strutture. Non sempre, di certo, e non per tutti. Crediamo che sul tema del contenimento degli imballi, e non solo, sia possibile un originale intreccio di competenze tra le imprese del settore, le associazioni dei consumatori e quelle ambientaliste. Un positivo confronto volto all’innovazione, alla diffusione di buone pratiche, che informi i consumatori degli effetti finali delle proprie scelte. E che non ignori i numerosi temi che pone il tema del contenimento degli imballi. Uno tra tutti quello della loro produzione, e del lavoro che c’è dietro. L’industria che produce gli imballi deve continuare a ricercare le formule meno impattanti di imballo, ma bisogna ricordare che il sistema vede un maggior potere, anche su questi temi, dai distributori della grande distribuzione rispetto ai produttori.

In conclusione un solo esempio delle molte cose che possono essere fatte.

Siamo il primo paese al mondo per consumo di acqua minerale in bottiglia; allo stesso tempo circolano false informazioni sulla qualità dell’acqua del rubinetto. I margini portati dalle imprese della grande distribuzione dalla vendita di acque minerali non sono certamente strategici, anche tenuto conto dei grandi spazi occupati dai bancali dell’acqua nei magazzini e nei punti vendita. E’ possibile che Amministrazioni locali, gestori del servizio idrico, grande distribuzione, associazioni dei Consumatori e ambientaliste, gestiscano assieme campagne informative, in area di vendita? Magari fornendo a chi si accinge a riempire il carrello di acque minerali i dati del confronto tra acque potabili e minerali, che in alcuni casi può essere sorprendente. Oppure segnalando l’esistenza ai consumatori delle sorgenti urbane presenti in quel territorio. Addirittura, perché non prevedere sorgenti urbane direttamente all’esterno delle strutture commerciali maggiori?

Forse siamo troppo ingenui, e queste e altre proposte simili non sono praticabili.

Ma almeno, vogliamo parlarne?

Marzio Govoni – Presidente Federconsumatori Provincia di Modena APS

L.R 4/2017 annualità 2021

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